Come dire addio alle coliche del tuo bimbo

martedì 17 dicembre 2013

Esiste il figlio prediletto?


"Ci sono molte resistenze da parte dei genitori a prendere in considerazione l’idea di un figlio preferito. Perché è piuttosto spinosa. Nel codice genitoriale condiviso e accettato “i figli sono tutti uguali”. Eppure è un argomento antico (fin dalla Bibbia), raccontato attraverso innumerevoli storie, libri e film, in molti dei quali viene messa in evidenza anche la drammaticità contenuta in relazioni sbilanciate tra genitori, figli e fratelli. Il prediletto è una realtà ben nota e presente in buona parte delle famiglie anche per alcuni studi. Secondo ricercatori dell’Università della California, ben il 70 per cento dei genitori ha un debole per uno degli "eredi", in genere il primogenito.
Questo bonus affettivo, che si traduce in rinforzi e privilegi emotivi non indifferenti, spiegherebbe il motivo per cui i nati per primi sono quelli che si realizzano meglio nella vita, raggiungendo i più alti successi scolastici e lavorativi. Uno studio norvegese ci dice poi che il primogenito ha maggiori qualità rispetto ai fratelli, addirittura con un quoziente intellettivo superiore e un fisico più forte.
Certo, l’ordine di arrivo in famiglia può determinare differenze. Ma non è l’unico fattore a decidere il tipo di relazione tra genitori e figli. Può essere anche che il bimbo più seguito non sia il primo o il più “bravo” ma l’ultimo o comunque quello più problematico, così come avviene in natura nelle nidiate, quando la madre mostra maggiore attenzione ai cuccioli più bisognosi e indifesi.
Ci sono delle ragioni profonde e in parte incomprensibili che spingono un genitore verso un figlio rispetto ad un altro. Ciascun figlio induce nei genitori sentimenti e vissuti diversi. Ci sono figli cercati e figli che arrivano. Ogni bambino nasce in momenti di vita e di coppia diversi. È portatore di caratteristiche differenti, può essere più facile o più impegnativo. Ha delle particolarità e somiglianze che possono ricordare chi si ama di più o, di contro, chi si ama di meno. Certe predisposizioni possono essere inconsciamente rinforzate dai genitori, evidenziate per aumentare certe affinità o, alle volte, smorzate per sottolineare le diversità. Un bambino può somigliarci di più rispetto agli altri. Ci sono poi situazioni particolari, come quelle riferite alle famiglie ricostituite, dove i partner, formando un nuovo nucleo dopo una separazione, portano figli di unioni precedenti. Allora la situazione può diventare complessa e dare adito a relazioni molto diverse tra i vari componenti, talvolta rasentando evidenti preferenze, altre ipotizzandole e quindi, nel tentativo di evitarle, creandole in modo dannoso.
È innegabile comunque che ci siano differenze nel modo di porsi con i figli. Perché sono tutti diversi, i rapporti con ognuno di loro sono variabili, il tipo di attaccamento, amore, attenzione che viene loro riservato è diverso qualitativamente (non quantitativamente). Fare differenze non necessariamente significa tradurle in preferenze. Non volontariamente, almeno. Perché se i genitori amano tutti i loro figli non è detto che lo facciano allo stesso modo. Certe affinità elettive possono però alle volte diventare predilezioni e innescare, in modo più o meno manifesto, gelosie e invidie tra fratelli.
Inutile riflettere su come essere imparziali e mettere sulla bilancia cosa viene fatto all’uno e all’altro: fare questo tipo di conti già indica che nella pratica, e probabilmente anche dentro di noi, le cose non sono così imparziali. Del resto essere genitori efficaci non significa comportarsi con tutti i figli nello stesso modo e dare a tutti le stesse precise cose ma individuare i bisogni di ognuno e sapervi rispondere nel miglior modo possibile. Riconoscendo e rispettando le diversità e le particolarità di ogni persona.
Pare che i favoritismi danneggino, come prevedibile, coloro che restano indietro, i non prescelti, tanto da definire la sindrome dello sfavorito (Less favored status), una condizione che espone a vissuti di inadeguatezza, difficili da superare anche in età più avanzate. Ma, e questo appare meno ovvio, anche essere il prediletto sembra avere i suoi svantaggi. Ne parla la psicologa Catherine Sellenet nel libro di recente pubblicazione in Francia “L’Enfant préferé. Chance ou fardeau?” (Belin, 2013). Anche in “Cocchi di mamma e cocche di papà. Riconoscere il proprio ruolo e vivere in armonia” (Tecniche nuove, 2010), la psicologa Anna Zanardi mette in luce come un rapporto privilegiato con il genitore di sesso opposto, al di là di luoghi comuni e battute divertite, può causare disturbi perfino gravi alla personalità. Essere il figlio preferito vuol dire essere ricoperto di aspettative molto elevate e andare incontro a un’adultizzazione precoce. Innescare una serie di dinamiche faticose per se stessi e per le persone che stanno intorno che si ripeteranno nei vari contesti relazionali e segneranno tutta la vita. Perché essere abituati ad essere il migliore può non essere un vantaggio al di fuori dell’ambito familiare".
(articolo tratto da d.Repubblica.it)
In qualità di pedagogista mi sento di dire che ogni figlio costruisce un rapporto unico con i propri genitori e ogni genitore ha un rapporto unico e diverso con ciascun figlio... 
quindi quando sento dire dai genitori  "per me i figli sono tutti uguali"... in fondo anche se lo dicono,  non lo pensano davvero, perchè in ogni famiglia c'è un figlio verso cui si ha un' affinità particolare.
Tu cosa ne pensi?

...aspetto il tuo pensiero....
Angela

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