A fatica si pensa che anche esseri così piccoli possono
invece soffrire di depressione, disturbo che purtroppo è in forte crescita,
soprattutto nei paesi ricchi e industrializzati.
Poiché i bambini non riescono a dare voce al proprio
malessere, tendono a manifestare la sofferenza e il disagio con il
comportamento.
Il bambino, che ha una grande sensibilità, di fronte alle
liti tra mamma e papà si sente responsabile, crede, infatti, di essere lui la
causa di tali dissidi. Alimenta, pertanto, nei suoi pensieri l’idea di essere
un figlio poco bravo, che non merita il loro amore. Se un bimbo viene
picchiato, ad esempio, perché ha dei genitori violenti, crede di meritare le
sculacciate perché è cattivo, non penserà mai di avere dei genitori aggressivi.
Perché accade questo? Perché per i figli i genitori sono le
persone più importanti affettivamente parlando, persone non capaci di fare del
male o di essere violenti.
I bambini, difatti, preferiscono sminuire e svalutare se
stessi, piuttosto che mettere in discussione il comportamento delle figure
genitoriali, persone che ai loro occhi non sbagliano mai e sono perfetti, in quanto figure di
riferimento fondamentali per una crescita sana o malata.
Un bambino depresso manifesta alcuni dei seguenti comportamenti e stati d'animo per un tempo prolungato, circa un mese: è sempre triste e non ha voglia di giocare, piange spesso
durante la giornata, senza un motivo preciso, non mostra interesse per nessuna
attività, può essere iperattivo o al contrario troppo calmo, può avere problemi
a scuola oppure essere troppo bravo, ha problemi di sonno e di alimentazione,
si mostra sempre stanco e apatico, è interessato ai giochi violenti e troppo
eccitanti, ha ricorrenti pensieri di suicidio, ha una scarsa autostima.
Se i genitori osservano e notano cambiamenti repentini nel
comportamento e nell’umore del figlio, è sempre bene parlarne in primis con le
insegnanti della scuola di riferimento per un confronto. Dopodiché insieme si
può organizzare e progettare un intervento tempestivo e mirato, ricorrendo
anche a specialisti del settore, per accogliere la sua sofferenza e cercare di
risalire all'evento scatenante il suo dolore, con le conseguenti
reazioni comportamentali.
E’chiaro che la risoluzione di un problema del figli non può
prescindere dal ripensare il comportamento genitoriale.
Riporto un esempio: Ludovica a dieci anni perde, causa
malattia, la sua carissima nonna. Dopo un anno la sua mamma si ammala di
tumore, lei si dimostra forte, fa anche da mamma alla sua sorellina di due anni.
Quando la madre migliora il suo stato di salute, Ludovica crolla
psicologicamente. Inizia a piangere tutti i giorni e più volte al giorno, alla
domanda “ perché piangi”, lei dice che le manca molto la sua nonna. E’ sempre
triste e non gioca più come faceva prima. Non dà segnali di paura e sofferenza
per la salute della mamma, ma in realtà Ludovica sta vivendo una periodo di
depressione infantile, scatenata proprio dalla malattia della madre. Lei teme
di perdere la mamma, visto che ha già perso la sua tanto amata nonna. Ma non è
capace di comunicarlo verbalmente, i suoi comportamenti parlano e lanciano un
allarme.
Dei genitori attenti e responsabili comprendono subito che
non si può perdere tempo, perchè Ludovica ha bisogno di essere aiutata, per
poter tornare a sorridere!
Con la speranza di credere che questo "brutto nemico" scompaia
dalla vita sia dei grandi che dei piccini… ti saluto con grande affetto
Angela
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